I Guerrieri e Rizzardi come i Montecchi e Capuleti
Titolo di effetto, non lo nego. Tutti noi conosciamo le tribolate vicende delle famiglie Montecchi e Capuleti che nella tragedia di Shakespeare si uniscono, dopo anni di rivalità, sulla spinta di una bellissima storia d’amore. La storia della cantina Guerrieri Rizzardi nasce in maniera simile a quella della tragedia di Romeo e Gulietta ma senza il finale tragico e con un percorso tuttora fulgido e pieno di successi. La data del matrimonio tra i Guerrieri e i Rizzardi è il 1913 mentre la prima etichetta è del 1914: da lì in poi sarà un susseguirsi di nuovi vigneti e cantine oltreché bellissimi successi.
Oggi Guerrieri Rizzardi è una reltà che si estende su diverse tenute che rispecchiano lo spirito più vero e variegato del Veneto: Valpolicella, Bardolino, Soave e Valdadige. Più veneti di così non si può! Ovviamente anche il Pojega degustato proviene da una di queste tenute, da quella Valpolicella per la precisione. Passo velocemente al racconto del vino perchè quello della cantina merita molta più attenzione di quella che potrei dare in questo articolo.
Pojega, ripasso, vino e giardino
Il nome Pojega identifica dapprima lo splendido giardino all’italiana della sede dell’azienda Guerrieri Rizzardi e poi il vigneto ed il vino che hanno preso nome e sono nati in quella meravigliosa cornice. In etichetta oltre al nome del vino compare il termine Ripasso, una tecnica usata in Valpolicella con la quale si ripassano le vinacce, utilizzate per produrre l’Amarone, all’interno del vino che sarà atto a diventare Valpolicella Ripasso: per cui dopo aver svinato il mosto-vino dell’Amarone si pone, all’interno dello stesso recipiente, il vino Valpolicella a contatto con le vinacce ancora in parziale fermentazione.
Oggi la tecnica del Ripasso nel Valpolicella è ormai consolidata oltre che conosciuta al punto da aver ottenuto, nel 2010, la propria DOC. A testimonianza che quando una cosa è valida la si può riutilizzare, anche nel caso del Ripasso si può conferire maggiore corpo, struttura, rotondità e tenore alcolico a un vino base, il Valpolicella appunto, per conferirgli una seconda vita: senza sottovalutare l’aspetto commerciale e di marketing che ha permesso di sfruttare la derivazione dall’ormai ben noto Amarone per dare un migliore posizionamento commerciale al Valpolicella Ripasso.
Il Pojega ha un particolare assemblaggio ma frutto delle proprie origini venete che lo caratterizzano nell’uvaggio scelto: Corvinone e Corvina rappresentano il 90% mentre il restante 10% è suddiviso in Rondinella, Molinara e Merlot. Inoltre passa attraverso 12 mesi di affinamento in botti da 50 hl e 5hl. Le premesse per una bella degustazione ci sono: è il momento di raccontarle.
Equilibrio e armonia sono di casa
Il Pojega 2013 mi è piaciuto fin dal primo sguardo e dal primo olfatto. Incuriosisce con un rosso rubino meno carico e intenso del “Capitan Amarone” ma ha il suo fascino e il suo perché. Mi ha colpito al naso per la sua complessità, perché ha tutto al posto giusto e posizionato in maniera precisa. Ha una personalità che si mette in mostra per essere compassata, elegante e fine con quel equilibrio “sano” che dà l’idea del bel vino che si ha davanti. I frutti rossi e neri non si fanno avanti in modo intenso ma mantengono una bella carica aromatica con quel punto di macerato che non guasta. Chiodi di garofano e noce moscata si uniscono al tocco di tostato e legno, liquirizia e leggero sentore di cuoio mentre un accenno di fumè chiude il cerchio delle sensazioni da evoluzione. E che bella evoluzione!
In bocca mantiene le promesse, non si smentisce. Entra morbido e con fare vellutato così come fin da subito il palato si riempie di frutti macerati come mora, prugna e ribes che trovano una bella spalla nelle spezie, riuscendo a legarsi in un insieme setoso e pieno di carica aromatica. Arriva il tannino che non fà nessun passo falso che potrebbe inficiare l’equilibrio delle sensazioni: resta quieto e cammina in punta di piedi sul filo dell’armonia per non creare stordimenti o lasciare tracce aspre o eccessivamente astringenti.
Ritorna in bocca quel “tocco legnoso” che risulta ancor più fine che al naso: non manca all’appello nuovamente il fruttato che balza agli onori della cronaca in vari momenti delle degustazione facendo rimanere viva e lunga la persistenza. Il vino ha una caratterizzazione morbida e punta sulla delicatezza e lunghezza al palato, nonostante la struttura sia corposa, piena e carica di belle sensazioni. E’ un vino godibile in varie situazioni perché, pur facendo leva sulla sua morbidezza, non molla la presa sul calore che lascia nel palato oppure sull’ “untuosità” del tannino che avvolge ed accarezza in ogni sorso.
Sono soddisfatto dal Pojega 2013: può camminare a testa alta e fiero anche a confronto con parenti prossimi più conosciuti o blasonati.